martedì 21 febbraio 2012

I canederli del carnevale di Casatta




Quando dico che torno in Trentino intendo dire Casatta. Un minuscolo paesino, una frazione di un comune chiamato Valfloriana - al confine tra la Val di Cembra e la Val di Fiemme - che in tutto conta 554 abitanti. Casatta è una manciata di case, c'è la sede del comune, un ambulatorio medico a giorni alterni, una scuola elementare, una chiesa e un piccolo negozietto. Non c'è nemmeno un bar. Ed è il paese dove i miei genitori hanno deciso di mettere le radici dopo la pensione e dove vive ancora la mia nonna.

lunedì 21 novembre 2011

Venerdì sera vi va di bere una birra a Dublino?

Cosa ne direste di partire da Malpensa alle 21,15 di un venerdì e passare due giorni di autunno a Dublino? Ve lo consiglio!
In questo periodo la città è già totalmente immersa nell'atmosfera natalizia ma i colori delle foglie sono ancora quelli dell'autunno.
Il viaggetto goloso inizia con atterraggio a Dublin verso le 22.40 (ora locale), con 6 euro e 25 minuti di bus siamo arrivati in O'Connell Street.
Sosta velocissima per lasciare i bagagli al Jurys Inn di Parnell Square (giusto compromesso tra prezzo e comodità) e via a piedi per O'Connell Street diretti a Temple Bar.
Prima sosta per una Guinness ed un Irish Coffee al Oliver St John Gogarty's: un pub in legno a tre piani, al piano centrale musica tradizionale dal vivo e due ballerini strepitosi!
Il giorno successivo è iniziato con un'Irish breakfast con i fiocchi: uova strapazzate, bacon, crocchetta di patate, fagioli (ma ho letto anche che si usano i funghi),"pudding" nero e bianco (che poi sono sanguinaccio il nero e avena e grasso di maiale il bianco), salsiccia, pomodoro e l'immancabile fetta di pane con il burro!
Con tutte queste bontà da smaltire siamo partiti a piedi verso l'ufficio postale in O'Connell Street, uno dei simboli della Rivolta di Pasqua del 1916 (se guardate attentamente la foto si vedono i segni delle pallottole nella colonna)
Continuando a piedi in 10 minuti abbiamo raggiunto Grafton Street, cuore pulsante della città. Lungo la strada si trovano negozi di ogni genere ma soprattutto musicisti: giovani, bravi ed apprezzati dai passanti che "spendono " un minuto per fermarsi ad Ascoltare.
Da Grafton ci siamo diretti verso Camden Street e da lì, senza prestare troppa attenzione alla strada, ma solo con la voglia di Respirare la città, ci siamo ritrovati in Dame Lane al mercato coperto. Forse merita di più l'edificio del mercato stesso...
Dani voleva provare una birra speciale e così pausa pranzo al PortHouse Brewing Co. in Parliament Street. Ecco cosa abbiamo scelto: una zuppa di pesce (seafood soup) servita con pane e burro. Da bere? Birra scura della casa!
Camminare per Dublino è meraviglioso, con pochi passi da Parliament Street si possono ammirare il Castello della città e l'Olympia Theatre.
Senza nemmeno che ce ne rendessimo è sceso il buio, la città si è accesa ed è diventata, forse, ancora più bella! Vale la pena fermarsi su uno dei tanti ponti a guardare le luci riflesse nel Liffey, il fiume che attraversa la città.
Per cena abbiamo scelto un locale in Temple Bar, il Gallaher's Boxty House. Cos'è il Boxty? Un piatto tradizionale a base di patate ;). Naturalmente non potevamo non provare le patate e quindi gnocchi con salsa ai funghi, un assaggio di boxty e poi stufato di agnello e salsiccia con puré.
Temple Bar il sabato sera è letteralmente un delirio, metà delle persone sono ubriache ma l'atmosfera è molto tranquilla, è una grande festa all'aperto. Le ragazze indossano quasi tutte minigonne cortissime e tacchi altissimi e non è raro vederle camminare da un locale all'altro scalze e con le scarpe in mano :) 
La nostra serata è ovviamente finita in un pub: irish coffee, guinness, musica dal vivo!
Il secondo è ultimo giorno abbiamo passaeggiato da Parnell Square alla zona Sud del centro dove si trovano Merrion Square Park e St Stephen Green, due giardini meravigliosi. 
Vorrei riuscire a descrivere in maniera efficace i colori e la luce calda anche se invernale che mette tranquillità...spero che la foto vi aiuti ad immaginarli.
Le ultime ore disponibili le abbiamo dedicate allo shopping nel bellissimo Powerscourt Center in William Street. Tra tutti quelli che ci sono vi consiglio un negozio molto carino, si chiama Article e vende oggetti decorativi per la casa.
Poco prima di lasciare la città siamo tornati - rigorosamente a piedi - in Temple Bar per un fish&chips (ovvero pesce fritto e patatine fritte) da Leo Burdock. Questo piccolissimo locale merita anche solo per leggere la sua Hall of Fame...pare che tutti, ma proprio tutti, abbiano mangiato da lui, anche Edith Piaf...
Sarei rimasta volentieri un altro giorno, mi sarebbe tanto piaciuto passare un'altra serata con un irish coffee tra le mani ascoltando musica dal vivo...vi saluto con una frase, scritta sul muro di un pub a due passi dal Liffey.
"Non aspettate di battere il ferro finché è caldo ma scaldatelo battendolo".
Buon viaggio.


Silvia 
Do you like? -  profumo di cose buone 


domenica 9 ottobre 2011

Berlino in bicicletta: il quartiere di Kreuzberg

Siete mai stati a Berlino?
Io ho avuto la fortuna di andarci due volte nell'ultimo anno, Verena, una delle mie più care amiche, vive lì da un anno e mezzo e ogni occasione è buona per andarla a trovare!
La prima volta che sono stata da lei abbiamo fatto "le turiste": siamo saltate sulla bicicletta il primo giorno e abbiamo girato per (quasi) tutta la città, mi ha portata ad Alexander Platz, siamo passate accanto alla Porta di Brandeburgo, siamo state nella parte Est della città, abbiamo visto i resti del muro e alcuni musei.
Scusate se non mi soffermo su questo aspetto ma credo che sia davvero facile trovare informazioni su queste attrazioni, musei o luoghi importanti a livello storico e politico.
Vorrei parlavi un po' invece della Berlino di chi ci vive, di quella che difficilmente si trova sulla guida.
Pronti?
Per prima cosa armatevi di bicicletta (€8 per 24 ore oppure €5 dalle 10.00 alle 18.00), a detta di chi ci vive è il mezzo migliore per visitare la città. Le piste ciclabile sono tantissime, la viabilità ciclistica è ben organizzata e non c'è alcun pericolo per chi pedala.
Sembrerò una che vive sulla luna soffermandomi su questo aspetto ma a Milano, dove lavoro, e a Saronno, dove vivo, le piste ciclabili sono uno miraggio!
La mia amica vive a Kreuzberg, un quartiere poco turistico e molto vivo, le persone sorridono, c'è molto verde, i muri sono colorati...si Respira.
A Kreuzberg ogni angolo è buono per trovare un cafè, un negozietto in cui comprare un kebab, un pita, Per il pranzo Verena mi ha suggerito uno dei posti più conosciuti della zona: Mustafas al n°32 di Mehringdamm.
E' un chiosco, non ha posti a sedere, solo un paio di banconi ma dovreste vedere la fila che c'è: parla da sé!  Per fortuna sono molto veloci e in un attimo abbiamo addentato il nostro Durum: una sorta di piadina con all'interno zucchine, patate abbrustolite, pomodoro, cetrioli, carne e salse piccanti. Ottimo!!
Poco lontano da lì si trova il café "Im Mai", un posticino molto carino, in legno bianco, dove ho assaggiato il mio primo brownie (ebbene sì, il primo!!) accompagnato da una tazza di caffé.
Kreuzberg offre una vasta, vastissima scelta di negozi di ogni genere, vestiti, second hand, vinili, accessori per la casa, artigianato locale, design...non basta che scegliere!
Non lontano da Kreuzberg si trova l'aeroporto abbandonato di Tempelhof, venne chiuso nel 2008 ed ora è uno spazio verde ed enorme dove i berlinesi vanno a correre, pattinare, giocare a pallone, leggere...insomma..un parco a tutti gli effetti.
In Italia avrebbero recintato la zona il giorno stesso della chiusura e in men che non si dica sarebbero apparsi dei fantasici palazzi di 10 piani oppure, meglio ancora, avrebbero progettato dei complessi residenziali con giardinetti annessi e non li avrebbero mai realizzati, lasciando che l'area nel degrado più completo....
Un'altra cosa da fare se si dispone di una bici è una pedalata lungo la East Side Gallery, ovvero il tracciato più lungo rimasto intatto del muro di Berlino. Questa sezione è lunga 1,3 km ed è interamente coperta di graffiti realizzati da artisti provenienti da tutto il mondo, il tema di cui trattano quasi tutte le opere è quello della Pace.
Tornando dalla East Side Gallery verso Kreuzberg si passa sul ponte Oberbaum e da lì si possono ammirare dei graffiti opera di Blu, il famoso artista italiano, che ha dipinto numerose facciate di palazzi nel mondo. Berlino vanta alcune sue opere, questa che vedete si trova in Cuvrystrasse.
Da  Kreuzberg, pedalando per circa 20 minuti si raggiunge Mitte, uno dei quartieri più centrali, ricco di attrazioni turistiche è stato per noi il posto in cui fermarci per una merenda veloce da FrohSinn in Potsdamer Platz dove, per € 4, si può avere una ricchissima coppa di yogurt con biscotti, caramello e cioccolato Kinder, un pò troppo calorico forse ma dopo ore di bici vi garantisco che è un toccasana!
Spero di avervi incuriosito con questo veloce sguardo su Berlino, vi suggerisco di andarci, è vicina, per iniziare a farvi un'idea vi bastano pochi giorni e i voli con EasyJet sono davvero abbordabili!
Auf Wiedersehen und alles gutes! :)

lunedì 3 ottobre 2011

UN ASSAGGINO DEL MAR CANTABRICO E PAESI BASCHI

La costa ad ovest di Santander


Un viaggio che meritava un report completo ma sono partita un po' svuotata di energie e non ero accanita come al solito nel fotografare e annotare tutto.
Un piccolo assaggio dunque del Cantabrico e dei Paesi Baschi, da Santander a San Sebastian, Pamplona e Vitoria.

Partiamo dai miei poveri pescetti.....Altro che pesce povero! Nel cantabrico l'acciuga è regina. E i re sono due: l'atùn claro (tonno albacore) e il bonito del norte (tonno alalunga). La corte poi è affollata da sardinas, caballas (sgombri), berberechos (un tipo di vongola), chipirones (calamaretti), merluza e bacalao e tanta altra robina meno povera come succulenti  crostacei, branzini, rombi e paraghi etc....

Delle acciughe del Cantabrico avevo già parlato qui, sono considerate le migliori del mondo, grosse, saporite e polpose perchè nel  Mar Cantabrico le acciughe trovano la possibilità di nutrirsi con maggior abbondanza in un acqua più ossigenata e decisamente più fredda che le porta a sviluppare una coltre di grasso tale da rendere la carne più succulenta. Nei mesi primaverili ed in estate, quando il sole riscalda la superficie dell’acqua del mare, banchi di acciughe salgono in superficie per alimentarsi e riprodursi.
E’ questo il periodo in cui hanno acquisito il livello più alto di grasso, la carne è più aromatica e succosa ed è questo il momento giusto per la pesca di superficie che rispetta l’ambiente e non aggredisce i fondali marini.

La loro fama è dovuta all'attività conserviera, sotto sale e poi sott'olio o marinate in aceto, in questo caso prendono il nome di boquerònes.



A Castro Urdiales, una deliziosa località costiera presso Bilbao, nella tienda Lolin (azienda conserviera locale produttrice di molte specialità) siamo rimasti appiccicati increduli alla vetrina a guardare un video che proiettava le immagini relative alla tecnica di preparazione delle acciughe sott'olio (mi vergogno a dirlo ma non l'avevo mai vista neanche in Italia). La lavorazione avviene in parte in modo industriale e in parte in modo artigianale:  dopo la pulitura e salatura, le acciughe vengono dissalate, sciacquate in acqua e accuratamente asciugate, vengono poi prelevate da un addetto/a (erano tutte donne nel filmato) ad una ad una, disposte sopra un canovaccio di juta e con un angolo dello stesso ripulite e poi  rifilate con le forbici, giuro! A questo punto vengono distese ad una ad una nelle caratteristiche scatole di latta rotonde o rettangolari, in seguito le scatole vengono colmate con olio d'oliva.
L'imperdibile video che non riesco a caricare:   http://www.conservaslolin.es/calidad/conservas-lolin-anchoas-en-aceite-de-oliva o direttamente da Youtube:  http://youtu.be/8b8wSjXQ57Q


I migliori filetti, cioè quelli ricavati delle acciughe più grosse, hanno un confezionamento speciale, adagiati in scatole di latta rettangolari o rotonde di dimensioni adeguate e vendute a caro prezzo ma giustificato direi! Non capisco perchè le conservino in frigor, sia in latta che in vetro.

Mi riprometto di andare a curiosare i metodi di lavorazione anche in Italia!


La prima sera a Castro Urdiales ci deliziamo alla Meson Marinero con un piatto di anchoas a la plancha che, a dir la verità, al momento dell'ordine ci lasciavano un po' perplessi, merito del cameriere che ci ha consigliato e convinto.
Strepitose, saporite, carnose, grigliate brevemente, sicuramente marinate prima, e servite con il loro olio e aglio di cottura e una spolverata di prezzemolo. Unico neo, l'aglio viene troppo abbrustolito, lo abbiamo scartato accuratamente. Gli spagnoli abbondano con l'aglio ovunque e lo bruciacchiano letteralmente ma non lo sanno che è indigesto e dannoso? Avevo dimenticato sia la macchina fotografica che il blackberry non ho potuto immortalare il piatto, siamo tornati una seconda sera per riprendere le acciughe e fotografarle ma non erano più speciali come la prima volta, erano gustose ma leggermente più arrostite e più piccoline, del resto “mi'a tutti i giorni è domeni'a!” come giustamente ribatte il mio pescivendolo quando mi lamento perchè non trovo quello che dico io!!
il secondo round


A Santoña scopriamo la sede di un vero colosso  CONSORCIO, diffuso anche in Italia ma nei nostri supermercati e negozi non arriva l'intera gamma;  è proprio un  consorzio, peccato ci si passa nell'ora di pranzo e lo spaccio  è chiuso. Compreremo alcuni prodotti nei negozi e supermercati dove invece si trovano molti articoli. Di Consorcio in Italia si conosce solo  il tonno sott'olio ma lì c'è anche il bonito del norte, l'atun claro e la ventresca de atun oltre alle acciughe, non ho visto però altre parti del tonno inscatolate come a Carloforte e Sant'Antioco /vedi il Tarantello che non so come si traduca in spagnolo).

Un utilizzo originale del coperchio delle scatole di latta per acciughe e sardine come ferma conto in un bar di Pamplona:


A San Sebastian, paesi baschi, tempio della migliore gastronomia spagnola, soprattutto d'avanguardia, che vanta un numero incredibile di ristoranti cosiddetti "stellati", ci accontentiamo di un ristorantino segnalatoci dall'efficientissimo ufficio del turismo, che ci appaga per lo stile contemporaneo in ambiente storico ben ristrutturato e la cucina proposta è in sintonia, tradizione basca reinterpretata e alleggerita, prezzo affare!
La Fabrica

Escabeche di tonno e acciughe con misticanza, caviale di olive nere, olio al basilico


La clasica sopa de pescado
Molto delicata, non riesco a non essere di parte, la nostra minestra di pesce o la soupe de poisson del midi francese non ha paragoni!!


Lo spiedino di tonno e gamberi (un po' troppo cotto ma molto saporito)


Il bacalao al pil pil

Un  super classico basco rivisitato, il pil pil è una salsa molto cremosa all'aglio, in questo piatto ce n'era un debolissimo ricordo, meglio per la mia digestione ma non l'ho capito

Concludo con uno scatto veramente fortuito alla festa medievale nel centro storico di una bellissima città basca: Vitoria o Gasteiz in lingua basca, dove finalmente ho assaggiato il sidro per la prima volta! Non è semplice riuscire a fotografare il liquido che scende nel bicchiere secondo il tipico rituale basco, infatti è stato un caso! Inoltre, alcuni ragazzi spagnoli  al banco hanno provato ed emulare il basco ma hanno sciupato molto liquido e si sono bagnati mani e braccia nel tentativo di centrare il bicchiere!!


La prima degustazione di sidro è rimasta e rimarrà l'unica: terrificante! un misto di aceto e birra, aiutooooo.

E questo cos'è?


Una scatolina di acciughe a chi indovina :-))



lunedì 19 settembre 2011

Islanda: tre settimane di natura selvaggia e cucina tradizionale!

Mi chiamo Silvia, il mio blog è Profumo di cose buone e questo è il mio primo viaggio goloso da foodblogger :)
L’Islanda è un paese che da sempre mi affascina, finalmente quest’estate il mio fidanzato ed io abbiamo trascorso tre settimane viaggiando attraverso l’isola partendo da Reykjavik e ritornando alla capitale.
Gli alti costi della vita islandese ci hanno fatto optare per pernottamenti in ostello e noleggio di un’auto a due ruote motrici. 
Il fuoristrada sarebbe stato indispensabile se avessimo scelto di addentrarci nel cuore dell’isola ma, per il percorso fatto, la nostra Polo è stata perfetta.
In Islanda c’è un’unica strada “principale” la n°1 che fa il giro dell’isola e una serie di strade secondarie, alcune asfaltate e altre sterrate. 
Inizialmente ero un po’ spaventata dall’idea di percorrere lunghi tratti di sterrato senza un fuoristrada ma fin dal primo giorno abbiamo visto che non c’erano particolari problemi, basta stare attenti alla velocità, alle pecore e andare molto piano in caso di pioggia.
Gli ostelli invece si sono rivelati una buona soluzione, la rete di hostel islandesi è ottima, sono confortevoli, puliti, gestiti sempre con grande cura.
Nei mesi precedenti il viaggio mi sono “preparata” sui luoghi da visitare e le cose da fare ma non ero pronta per spazi immensi e incontaminati, persone solari, colori vivi e luce, una luce intensa e abbagliante.
Tra le prime cose che avevo letto nelle guida c’era questo detto islandese: se non ti piace il tempo in Islanda aspetta 5 minuti: peggiorerà!
Siamo stati fortunati, al nostro arrivo  il sole splendeva e i colori erano meravigliosi.
Amo viaggiare e uno dei migliori modi per capire ed assaporare un paese è farlo, letteralmente, partendo proprio dal cibo.
Così Dani ed io abbiamo dato il via all’esperimento culinario islandese: testare i piatti tipici o più particolari e riportare tutto nel mio blog di cucina 
L’Islanda è un’isola, terra di pescatori e il pesce è ciò che da il maggiore nutrimento, da sempre.
Uno dei piatti nazionali è l’hákarl ovvero lo squalo putrefatto, viene preparato con un particolare processo di fermentazione e poi messo a seccare per 4/5 mesi.
Lo squalo, non avendo i reni, espelle  le urine direttamente dal corpo, la sua carne sarebbe quindi velenosa se non fosse trattata, il processo di fermentazione ed essiccatura la rende commestibile ma il gusto di ammoniaca resta e vi garantisco che è terribile! In ogni caso l’abbiamo acquistato al mercato di Reykjavik e abbiamo provato: non ve lo consiglio!
Fortunatamente, a parte questo raro esempio, la cucina islandese è molto buona, semplice nella preparazione dei piatti, dai sapori decisi e il pesce la fa da padrone: essicato, affumicato, fresco, stufato.
Lasciata la capitale siamo partiti verso sud, la prima meta è stata Kirkjubæjarklaustur, un villaggio a metà strada tra la cascata di Gulfoss
e la calotta glaciale Vatnajökull dove non poteva mancare una sosta con escurione su una delle innumerevoli lingue di ghiaccio
La seconda tappa nel nostro viaggio è stata Höfn, un paese nel sud dell’isola famoso per la pesca (ovviamente) e per il festival dell’aragosta!
Non potevamo lasciarci scappare un’ottima zuppa di aragosta servita con della panna e prezzemolo.
La parte est dell’isola è costellata di piccoli villaggi di pescatori e fiordi.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un pescatore che ci ha portati con la sua barca lungo i fiordi, per cercare di avvistare i pulcinella di mare, degli uccelli coni l becco colorato teneri e goffi quando si muovono sulla terra ferma ma abilissimi nuotatori  non appena si avvicinano all’acqua.
Di rientro dall’escursione in barca c’era un’ottima zuppa ad attenderci..ma questa volta non di pesce! Si perché pur essendo un popolo con una grande tradizione legata alla pesca, gli islandesi allevano pecore e infatti, tra i piatti più amati dagli islandesi compaiono i testicoli di montone o la testa di pecora abbrustolita.
Noi questi non li abbiamo assaggiati, ci siamo limitati ad una zuppa con carne di agnello, servita con pane all'aglio caldo e formaggio fuso.
Lasciati i fiordi orientali ci siamo diretti a nord, verso Husavìk, una cittadina nota per la possibilità di avvistare Balene tutto l’anno (e infatti così è stato!)
Ad Husavìk abbiamo assaggiato il nostro primo Plokkfiskur, lo stufato di merluzzo preparato con patate, burro, farina, cipolla e pepe nero e servito con pane nero e burro salato. La lavorazione è semplice e il piatto è ottimo per giornate fredde e piovose, come quella in cui l’abbiamo mangiato noi!
Da Husavìk abbiamo raggiunto Akureyri e poi abbiamo abbandonato la strada asfaltata per deviare verso nord, lungo la penisola di Vatnsnes  per raggiungere l’ostello di Osar, posto meraviglioso in cui osservare le foche.
 La penisola di Vatnsnes, è stata una piacevole sorpresa, complice anche una meravigliosa giornata di sole che faceva brillare i prati e il mare!
 Ormai abbiamo definitivamente abbandonato la strada n° 1 e procediamo su piccole strade a tratti asfaltati e a tratti no, passando per Broddanes, Holmavìk e poi su lungo i fiordi occidentali verso Sudureyri, dopo Sudureyri c’è il mare..e la Groenlandia!
Lì abbiamo visto per la prima volta la carne di Balena in un menu, eravamo molto indecisi sul da farsi, sapevamo “qualcosa” riguardo la ripresa della caccia alla balene e le controversie legate alla mancanza di commercializzazione di questa carne, da quello che abbiamo letto in Islanda vengono uccise molte balene ma non vendute, né mangiate. E’ assurdo ma così riportava un testo sulla Lonely Planet.
Anche a Sudureyri abbiamo provato di nuovo il Plokkfiskur, (lo stufato di merluzzo, patate e cipolla) ma in un’altra versione, senza la salsa e, sinceramente, la preferisco così.
Ho trovato su internet il video di una signora islandese che spiega la ricetta…devo assolutamente rifarla!
Dopo 3 giorni sui fiordi occidentali è iniziata la discesa verso Reykjavik, ci siamo presi del tempo per visitare Reykohlar e poi giù verso la penisola di Snaefelsness
Abbiamo visitato Grundarfjordur e siamo saliti sulla cima di un vulcano.
Passando per Rif, un vilaggio sulla costa, ci siamo fermati a pranzo in un piccolo caffè gestito da una coppia di amiche, entrambe mogli di pescatori, unico piatto servito: zuppa di pesce con pane casereccio e a seguire torte fatte in casa. Gli islandesi amano i dolci, o almeno così pare visto che anche nel supermercato più piccolo non manca mai una buona scelta di dolci caserecci.
Ecco qui due torte meravigliose: meringa e crema di panna fresca e una cheesecake. 
Siamo arrivati all’ultimo giorno anzi, all’ultima sera a Reykjavik dove abbiamo deciso di cenare nel posto che ci ha accolti la prima sera, il Suarta Kaffid.
La loro zuppa di carne servita in un pane tondo (soup in bread) è strepitosa!
Dopo 20 giorni di viaggio è arrivato anche per noi il momento di tornare a casa.
Mi sono innamorata dell’Islanda: natura selvaggia, ampi spazi e silenzio, tre elementi a cui, purtroppo, non siamo più abituati.
Vi auguro di passarci almeno una volta nella vita.
Silvia