lunedì 19 settembre 2011

Islanda: tre settimane di natura selvaggia e cucina tradizionale!

Mi chiamo Silvia, il mio blog è Profumo di cose buone e questo è il mio primo viaggio goloso da foodblogger :)
L’Islanda è un paese che da sempre mi affascina, finalmente quest’estate il mio fidanzato ed io abbiamo trascorso tre settimane viaggiando attraverso l’isola partendo da Reykjavik e ritornando alla capitale.
Gli alti costi della vita islandese ci hanno fatto optare per pernottamenti in ostello e noleggio di un’auto a due ruote motrici. 
Il fuoristrada sarebbe stato indispensabile se avessimo scelto di addentrarci nel cuore dell’isola ma, per il percorso fatto, la nostra Polo è stata perfetta.
In Islanda c’è un’unica strada “principale” la n°1 che fa il giro dell’isola e una serie di strade secondarie, alcune asfaltate e altre sterrate. 
Inizialmente ero un po’ spaventata dall’idea di percorrere lunghi tratti di sterrato senza un fuoristrada ma fin dal primo giorno abbiamo visto che non c’erano particolari problemi, basta stare attenti alla velocità, alle pecore e andare molto piano in caso di pioggia.
Gli ostelli invece si sono rivelati una buona soluzione, la rete di hostel islandesi è ottima, sono confortevoli, puliti, gestiti sempre con grande cura.
Nei mesi precedenti il viaggio mi sono “preparata” sui luoghi da visitare e le cose da fare ma non ero pronta per spazi immensi e incontaminati, persone solari, colori vivi e luce, una luce intensa e abbagliante.
Tra le prime cose che avevo letto nelle guida c’era questo detto islandese: se non ti piace il tempo in Islanda aspetta 5 minuti: peggiorerà!
Siamo stati fortunati, al nostro arrivo  il sole splendeva e i colori erano meravigliosi.
Amo viaggiare e uno dei migliori modi per capire ed assaporare un paese è farlo, letteralmente, partendo proprio dal cibo.
Così Dani ed io abbiamo dato il via all’esperimento culinario islandese: testare i piatti tipici o più particolari e riportare tutto nel mio blog di cucina 
L’Islanda è un’isola, terra di pescatori e il pesce è ciò che da il maggiore nutrimento, da sempre.
Uno dei piatti nazionali è l’hákarl ovvero lo squalo putrefatto, viene preparato con un particolare processo di fermentazione e poi messo a seccare per 4/5 mesi.
Lo squalo, non avendo i reni, espelle  le urine direttamente dal corpo, la sua carne sarebbe quindi velenosa se non fosse trattata, il processo di fermentazione ed essiccatura la rende commestibile ma il gusto di ammoniaca resta e vi garantisco che è terribile! In ogni caso l’abbiamo acquistato al mercato di Reykjavik e abbiamo provato: non ve lo consiglio!
Fortunatamente, a parte questo raro esempio, la cucina islandese è molto buona, semplice nella preparazione dei piatti, dai sapori decisi e il pesce la fa da padrone: essicato, affumicato, fresco, stufato.
Lasciata la capitale siamo partiti verso sud, la prima meta è stata Kirkjubæjarklaustur, un villaggio a metà strada tra la cascata di Gulfoss
e la calotta glaciale Vatnajökull dove non poteva mancare una sosta con escurione su una delle innumerevoli lingue di ghiaccio
La seconda tappa nel nostro viaggio è stata Höfn, un paese nel sud dell’isola famoso per la pesca (ovviamente) e per il festival dell’aragosta!
Non potevamo lasciarci scappare un’ottima zuppa di aragosta servita con della panna e prezzemolo.
La parte est dell’isola è costellata di piccoli villaggi di pescatori e fiordi.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un pescatore che ci ha portati con la sua barca lungo i fiordi, per cercare di avvistare i pulcinella di mare, degli uccelli coni l becco colorato teneri e goffi quando si muovono sulla terra ferma ma abilissimi nuotatori  non appena si avvicinano all’acqua.
Di rientro dall’escursione in barca c’era un’ottima zuppa ad attenderci..ma questa volta non di pesce! Si perché pur essendo un popolo con una grande tradizione legata alla pesca, gli islandesi allevano pecore e infatti, tra i piatti più amati dagli islandesi compaiono i testicoli di montone o la testa di pecora abbrustolita.
Noi questi non li abbiamo assaggiati, ci siamo limitati ad una zuppa con carne di agnello, servita con pane all'aglio caldo e formaggio fuso.
Lasciati i fiordi orientali ci siamo diretti a nord, verso Husavìk, una cittadina nota per la possibilità di avvistare Balene tutto l’anno (e infatti così è stato!)
Ad Husavìk abbiamo assaggiato il nostro primo Plokkfiskur, lo stufato di merluzzo preparato con patate, burro, farina, cipolla e pepe nero e servito con pane nero e burro salato. La lavorazione è semplice e il piatto è ottimo per giornate fredde e piovose, come quella in cui l’abbiamo mangiato noi!
Da Husavìk abbiamo raggiunto Akureyri e poi abbiamo abbandonato la strada asfaltata per deviare verso nord, lungo la penisola di Vatnsnes  per raggiungere l’ostello di Osar, posto meraviglioso in cui osservare le foche.
 La penisola di Vatnsnes, è stata una piacevole sorpresa, complice anche una meravigliosa giornata di sole che faceva brillare i prati e il mare!
 Ormai abbiamo definitivamente abbandonato la strada n° 1 e procediamo su piccole strade a tratti asfaltati e a tratti no, passando per Broddanes, Holmavìk e poi su lungo i fiordi occidentali verso Sudureyri, dopo Sudureyri c’è il mare..e la Groenlandia!
Lì abbiamo visto per la prima volta la carne di Balena in un menu, eravamo molto indecisi sul da farsi, sapevamo “qualcosa” riguardo la ripresa della caccia alla balene e le controversie legate alla mancanza di commercializzazione di questa carne, da quello che abbiamo letto in Islanda vengono uccise molte balene ma non vendute, né mangiate. E’ assurdo ma così riportava un testo sulla Lonely Planet.
Anche a Sudureyri abbiamo provato di nuovo il Plokkfiskur, (lo stufato di merluzzo, patate e cipolla) ma in un’altra versione, senza la salsa e, sinceramente, la preferisco così.
Ho trovato su internet il video di una signora islandese che spiega la ricetta…devo assolutamente rifarla!
Dopo 3 giorni sui fiordi occidentali è iniziata la discesa verso Reykjavik, ci siamo presi del tempo per visitare Reykohlar e poi giù verso la penisola di Snaefelsness
Abbiamo visitato Grundarfjordur e siamo saliti sulla cima di un vulcano.
Passando per Rif, un vilaggio sulla costa, ci siamo fermati a pranzo in un piccolo caffè gestito da una coppia di amiche, entrambe mogli di pescatori, unico piatto servito: zuppa di pesce con pane casereccio e a seguire torte fatte in casa. Gli islandesi amano i dolci, o almeno così pare visto che anche nel supermercato più piccolo non manca mai una buona scelta di dolci caserecci.
Ecco qui due torte meravigliose: meringa e crema di panna fresca e una cheesecake. 
Siamo arrivati all’ultimo giorno anzi, all’ultima sera a Reykjavik dove abbiamo deciso di cenare nel posto che ci ha accolti la prima sera, il Suarta Kaffid.
La loro zuppa di carne servita in un pane tondo (soup in bread) è strepitosa!
Dopo 20 giorni di viaggio è arrivato anche per noi il momento di tornare a casa.
Mi sono innamorata dell’Islanda: natura selvaggia, ampi spazi e silenzio, tre elementi a cui, purtroppo, non siamo più abituati.
Vi auguro di passarci almeno una volta nella vita.
Silvia

5 commenti:

Giulia ha detto...

Silvia, grazie mille! E' un post interessantissimo! Non so se capiterò mai in Islanda, ma tu hai reso quel paese un pò più raggiungibile!
baci

Cristina Galliti ha detto...

benvenuta Silvia, bel post, reportage interessantissimo, grazie!

Paola ha detto...

complimenti per il blog.. è molto carino.

Silvia - Profumo di cose buone ha detto...

Grazie ragazze per i commenti!! :)

I Love Cooking ha detto...

Ciao Silvia,
ho letto il tuo post tutto d'un fiato, veramente interessante! la parte in cui spieghi dello squalo putrefatto l'ho trovata davvero curiosa. Le tradizioni culinarie straniere mi hanno sempre affascinato tanto! Grazie per avermi insegnato qualcosa di nuovo ;)